Un flop clamoroso/Per combattere Berlusconi servirebbe almeno qualche strategia

Lo scenario politico dopo la fiducia alla Camera

di Widmer Valbonesi

La madre di tutte le battaglie contro Berlusconi si è trasformata in un flop clamoroso che umilia la politica con la "p" maiuscola. Con la sola tattica e senza una strategia politica chiara, che indichi al paese un’alternativa di governo credibile, era evidente anche ai ciechi che non si sarebbe andati da nessuna parte. Oggi, lo scrivono quasi tutti i notisti politici, ma, fino a ieri, hanno convenuto, chi direttamente e chi col silenzio, che quella era la strada da battere per far fuori Berlusconi e aprire una nuova fase. Naturalmente ognuno aveva una sua soluzione per il futuro, ma nessuno poteva spiegarla al proprio elettorato, perché contraddiceva tutta la loro storia politica recente e passata. In sostanza, se D’alema e Bersani spiegavano al loro elettorato che volevano un’alleanza da Fini a Di Pietro, avrebbero aperto un fronte a sinistra e avrebbero provocato la smentita di Fini. Se quest’ultimo spiegava ai suoi elettori che per abbattere Berlusconi i suoi voti si sarebbero sommati a quelli di Di Pietro e a quelli della sinistra, in caso di elezioni anticipate, avrebbe avuto un’emorragia di voti a destra.

Se affermava che voleva un riequilibrio del centrodestra, non più egemonizzato dalla Lega, non poteva prescindere dall’avere un rapporto col PDL, oltre che coll’UDC di Casini. Ma se l’asse rimaneva il PDL con un centro (FLI, API, UDC) e una destra leghista, non si spiegava la richiesta di sfiducia al governo e soprattutto la candidatura di Tremonti premier, sicuramente l’uomo del governo più vicino alla Lega .Quindi il grande obbiettivo era la caduta di Berlusconi e, col presunto appoggio del capo dello Stato, il varo di un governicchio che avesse un unico punto: cambiare la legge elettorale.

Non è vero che non è cambiato niente; se Berlusconi fosse stato sfiduciato, le elezioni probabilmente ci sarebbero state, ma con un Berlusconi perdente e con problemi di leadership da affrontare. Così, se si va alle elezioni, Berlusconi è in sella e senza un leader credibile da opporgli, e con questa legge elettorale è quasi impossibile che possa perdere. Cercherà di allargare la compagine di governo allettando Casini con l’aiuto del Vaticano; se ci riuscirà potrà fornire a Napolitano un rimpasto veloce, se non ci riuscirà chiederà a Napolitano un veloce ricorso alle urne, stavolta anche con l’appoggio di Fini a cui è rimasto solo un appello al paese dopo essersi evirato.

Naturalmente, col sussiego che lo contraddistingue, D’Alema afferma che il PD si è comportato bene e che la vittoria di Berlusconi è una vittoria di Pirro. Il PD sa bene - e lo dicono neanche troppo velatamente Parisi, Renzi e Veltroni - che la mancanza di una strategia politica di governo fatta di argomenti e non di miagolate sui tetti, di solidarietà a tutte le proteste e non di proposte rigorose, dà del PD l’immagine di un partito, a rimorchio di Di Pietro e della Fiom, nel sostenere che il paese è vittima del demonio Berlusconi.

E’ chiaro che il PD, se affermasse di avere perso, dovrebbe fare una riflessione sul gruppo dirigente incapace di organizzare un’alternativa di governo perché incapace di organizzare una proposta politica di governo dall’opposizione. Quando si punta sulla tattica e non sui contenuti, si ha poco respiro e, tutto sommato, ai dirigenti tattici del PD, che si sia impedita una crisi di governo per causa di due parlamentari dell’IDV - e il cui merito, se ci fosse stata, sarebbe andato tutto a Fini e Casini, e a loro solo il ruolo di chi porta deputati - deve essere apparso il male minore. Quando Renzi dice che la strategia del diavolo da abbattere che aveva illuso i dirigenti sulle capacità del "compagno Fini" è perdente, e allontana una sinistra moderna dal governo del paese, dice una verità incontestabile, ma è la tesi opposta a quella di Vendola, che punta sul conflitto sociale come fondamento della rivincita della sinistra.

A questo paese manca la spina dorsale del ceto medio, quello liberaldemocratico, quello che intraprende con l’attività economica, quello che ha bisogno di un modello di sviluppo del paese efficiente, rigoroso, con poca invasività della gestione pubblica ma con il recupero della politica di quel concetto di interesse generale, ormai perso nella cultura del meticciato cattocomunista o del populismo berlusconiano. Quando la grande stampa, che tradizionalmente ha rappresentato questa ossatura illuminata del paese, insegue la deriva dell’antiberlusconismo senza un’alternativa seria, occorre lavorare sui tempi lunghi, puntando alla creazione di una costituente liberaldemocratica che riprenda quel ruolo storico. Il ruolo della modernità, della redistribuzione del reddito attraverso gli investimenti e l’efficienza dello Stato e delle sue articolazioni periferiche accorpate od abolite, una politica della ricerca e della scuola che punti sulla qualità e sul merito, l’indipendenza energetica sfatando i veti degli ambientalisti, una politica estera europea ed occidentale che dia sicurezza e prospettive di libertà e democrazia a tutti i paesi del mondo.

Questo deve essere l’orizzonte dei repubblicani e se un partito di grandi visioni ideali e culturali si infogna nella tattica rimane afono, ininfluente e prigioniero di logiche di schieramento. Le elezioni anticipate sarebbero una sciagura per il paese e per la costruzione del nostro obbiettivo strategico, quindi averle evitate è già positivo, ma noi sappiamo benissimo che questo non esaurisce la nostra funzione. Non essendo in mezzo al guado, dove qualcuno ci avrebbe portato, possiamo preoccuparci del nostro obbiettivo riempendolo di contenuti, portando a sintesi le tesi che sono la base di approfondimento congressuale.

Non abbiamo matrimoni indissolubili da onorare ma la politica del "carpe diem" porta all’isolamento totale, nessuno può fidarsi di noi se continuamente cambiamo alleanze.

L’unico antidoto è quello di creare un polo idealmente omogeneo che in forza dei suoi contenuti dialoga, si confronta con tutti nell’interesse generale del paese. Questo almeno fino a quando non sarà cambiata la legge elettorale. L’avere innestato una legge maggioritaria in una Costituzione parlamentare crea conflitto di competenze evidenti e che denuncio, inascoltato da tanti anni , per cui se il popolo elegge direttamente sulla scheda la maggioranza e il presidente del Consiglio, si depotenzia il Parlamento che, secondo la Costituzione, è il detentore di questo ruolo. Io sostengo che la Costituzione è prevalente su una legge ordinaria e che quindi o si inserisce la legge elettorale nella Costituzione correggendone le contraddizioni, oppure si fa una legge elettorale proporzionale come tutte le democrazie parlamentari hanno e si lascia al Parlamento il compito di creare coalizioni di governo. Non si può essere bipolari o bipartitici alle elezioni sulle schede e poi pluralisti in Parlamento. Ai partiti, organi previsti dalla Costituzione, non si possono sostituire gli uomini perché i partiti nella loro dialettica democratica possono sostituire i loro leaders, ma i leaders attuali che mettono il loro nome sui simboli non si fanno sostituire che con la morte politica o fisica e ritardano il rinnovamento del paese. Una democrazia che non costruisca attraverso Segue a pag. 4 Valbonesi - continua - i partiti le radici di una tradizione politica pluralista e democratica è sempre esposta alle tentazioni di uomini forti, trasformisti ed avventurieri e non crea classi dirigenti responsabili verso il bene comune, ma verso la soddisfazione personale.

"Pensiero ed azione" deve essere la caratteristica del PRI; se si rinuncia al pensiero e ci si riduce all’azione tattica, veniamo meno alla nostra missione che è quella di dare una speranza a questo paese; è una battaglia di minoranza che richiede impegno, sofferenza e grande responsabilità, ma, come diceva Spadolini: nella vita c’è chi soffre e chi s’offre. Noi abbiamo scelto un percorso di responsabilità e di sofferenza; altri s’offrono a tattiche illusorie e inutili rimanendo in mezzo al guado senza prospettive.